venerdì 27 settembre 2013

In Italia è recentemente uscito il libro di Dawn Stefanowicz, intitolato “Fuori dal Buio,

In Italia è recentemente uscito il libro di Dawn Stefanowicz, intitolato “Fuori dal Buio, la mia vita con un padre gay” (edizioni Ares 2012), nel quale ha trovato il coraggio di raccontare la sua crescita con un padre omosessuale e a stretto contatto con la comunità LGBT di Toronto (Canada). Un’infanzia rovinata, «sono stata esposta a manifestazioni della sessualità di tutti i tipi [...], non ho mai visto il valore delle differenze biologiche complementari tra uomini e donne [...] la promiscuità mi sembrava la cosa più normale». Ad inizio agosto Robert Lopez, docente di lingua inglese presso la California State University di Northridge, ha fatto “coming out” e ha a sua volta raccontato la sua infanzia: «crescere con genitori omosessuali è stato molto difficile, e non a causa di pregiudizi da parte dei vicini. Le persone della nostra comunità non sapevano bene cosa stava succedendo in casa», ha spiegato su “Public Discourse: Ethics, Law, and the Common Good”. «I miei coetanei», ha continuato, «hanno imparato tutte le regole non scritte di comportamento e di linguaggio del corpo all’interno delle loro case, hanno capito quello che era il caso di dire e non dire in certi contesti, hanno imparato i meccanismi sociali tradizionalmente maschili e femminili. Anche se i genitori dei miei coetanei erano divorziati, sono comunque cresciuti osservando modelli sociali maschili e femminili». Così, «ho avuto pochi spunti sociali da offrire a potenziali amici di sesso maschile o femminile, dal momento che non ero né sicuro né sensibile verso gli altri. Raramente ho fatto amicizia, e facilmente mi sono alienato dagli altri [...]. Molti gay non si rendono conto di quale benedizione è essere allevato in una famiglia tradizionale». Ancora oggi, ha continuato nel suo racconto Lopez, «ho pochissimi amici e spesso non capisco la gente a causa dei segnali di genere non detti che sono tutti intorno a me, i quali vengono dati per scontati anche dai gay allevati in famiglie tradizionali. Ho difficoltà nell’ambiente professionale, perché i colleghi mi trovano bizzarro». «Non avevo idea di come farmi attraente verso le ragazze», ha proseguito. «Sono stato subito etichettato come un emarginato a causa dei miei modi di fare da ragazzina, abiti divertenti e stravaganti». Arrivato al college Lopez è stato spinto a dichiararsi omosessuale, ma «quando ho detto di essere bisessuale non mi hanno creduto, affermando che non era pronto ad uscire allo scoperto come gay». Abbandonato il college, finalmente a 28 anni ha avuto una prima esperienza sentimentale con una donna. Il docente universitario ha quindi citato e valorizzato lo studio sopra citato di Mark Regnerus, il quale -ha affermato Lopez- «merita fiducia e la tremenda comunità gay dovrebbe essere a lui grata piuttosto che cercare di farlo tacere». Regnerus ha fatto parlare i bambini cresciuti in relazioni omosessuali e «il movimento LGBT sta facendo tutto il possibile per fare in modo che nessuno li ascolti [...]. Ringrazio Mark Regnerus perché il suo lavoro riconosce ciò che il movimento attivista gay ha cercato faticosamente di cancellare, o almeno ignorare [...]. I figli di coppie dello stesso sesso hanno una strada difficile davanti a loro, lo so, perché lo sono stato anch’io. L’ultima cosa che dobbiamo fare è di farli sentire in colpa se la tensione arriva a loro e se si sentono strani. Dobbiamo loro, come minimo, una dose di onestà. Grazie, Marco Regnerus, per aver trovato il tempo di ascoltare». Oggi Lopez è un padre e, racconta, «ho messo da parte il mio passato omosessuale e giurato di non divorziare da mia moglie o di andare con un’altra persona, uomo o donna, prima di morire. Ho scelto questo impegno, al fine di proteggere i miei figli da un dramma dannoso, che rimarrà anche quando cresceranno e diventeranno adulti». Ricordiamo che la rivista scientifica “Social Science Research” ha pubblicato nel giugno scorso due studi sulle problematiche dei bambini cresciuti all’interno di una relazione omosessuale. Il primo è quello del sociologo dell’Università del Texas, Mark Regnerus, basato sul più grande campione rappresentativo casuale a livello nazionale, il quale ha intervistato direttamente i “figli” (ormai cresciuti) di genitori omosessuali, dimostrando un significativo aumento del tasso di malessere esistenziale. Il secondo studio è stato realizzato da Loren Marks, nel quale è stata confutata la posizione (politica) dell’American Psychological Association (APA), secondo la quale i figli di genitori gay o lesbiche non sarebbero svantaggiati rispetto a quelli di coppie eteorsessuali, analizzando i 59 studi a sostegno di tale tesi, dimostrandone la scarsa rilevanza scientifica. Un gruppo di 18 scienziati e docenti universitari ha pubblicato un comunicato sul sito della “Baylor University” sostenendo e approvando l’attendibilità statistica e metodologica dello studio maggiormente criticato dalla lobby gay, ovvero quello di Regnerus. Ad essi si è aggiunto lo psichiatra americano Keith Russell Ablow, collaboratore del ”New York Times” e di Fox News. Poco tempo dopo un terzo studio in peer-review, realizzato da Daniel Potter dell’American Institutes for Research e pubblicato sul “Journal of Marriage and Family”, si è a sua volta concentrato sui bambini cresciuti all’interno di relazioni dello stesso sesso, paragonandoli a quelli cresciuti con genitori di sesso opposto. Ha concluso che «i bambini cresciuti in famiglie tradizionali (vale a dire, con i due genitori biologici sposati) tendono a fare meglio dei loro coetanei cresciuti in famiglie non tradizionali», poiché nei test a loro sottoposti, «i bambini cresciuti da famiglie dello stesso sesso hanno riscontrato un punteggio più basso rispetto ai loro coetanei cresciuti in famiglie biologiche e sposate».

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