sabato 21 dicembre 2013

BASTA VIVISEZIONE VERGOGNA DEL GENERE UMANO

Il pubblico riesce a stento a seguire il fuoco d'artificio di tutte le nuove mirabolanti promesse: la cura miracolosa del cancro, che è imminente da due secoli a questa parte; il vaccino contro ogni tipo di raffreddore, che mi era stato erroneamente annunciato come acquisito negli anni Quaranta a New York, ma che ora sarebbe stato scoperto sul serio all'Institut Pasteur, e sconfiggerebbe non solo tutti i virus conosciuti, ma persino quelli non identificati, oltre a quelli che devono ancora nascere. E alla solita svolta si troverebbe anche la cura del diabete, che ci era stato dato per debellato grazie alla vivisezione fin dal secolo scorso, ma che per intanto continua tranquillamente ad aumentare.
PER IL BENE DELL'UMANITÀ Nel reparto di Psicologia dell'Università del Minnesota, "per causare reazioni" in una scimmia antropoide, il genere più vicino all'uomo, le venne scoperchiato il cervello, si tagliò via una parte del tessuto, la ferita venne trapanata a più riprese, e durante varie settimane la scimmia venne assoggettata a tutte le stimolazioni dolorifiche che gli sperimentatori riuscivano a escogitare onde ottenere "reazioni" da un animale in quelle condizioni. Dopo varie prove fatte con elettrodi conficcati nel cervello, la scimmia strappò via le bende, infettando la ferita. Poi venne obbligata a correre e a rimanere senza interruzione in attività frenetica per una trentina di minuti finché, esausta, crollò e rimase bocconi sul pavimento sopportando tutte le ulteriori provocazioni senza più reagire. Intanto nell'Università di Buffalo si voleva constatare l'incremento di adrenalina in gatti non anestetizzati durante svariate stimolazioni comprendenti scosse elettriche, asfissia, immersione in acqua gelida e terrore indotto da latrati di cani vicini. Tutte queste prove vennero ripetute sugli stessi gatti dopo che erano state estirpate le capsule (glandole) surrenali. A Oxford, nel 1948, oculisti inglesi vollero studiare sugli occhi di conigli non anestetizzati l'effetto di dieci irritanti. Precisò il British Journal of Ophtalmology: «L'edema della cornea può assumere proporzioni fantastiche, a volte la cornea si gonfia fino a raggiungere venti volte lo spessore normale». In alcuni casi, gli occhi «si disintegrano e si squagliano». Come risulta da dispense americane, Proceedings of the Association for Research in Nervous and Mental Diseases (vol. 27, pp. 362-399, 1948), ricercatori dell'Università Johns Hopkins inducevano collera, paura e altre manifestazioni di angoscia in gatti in una lunga serie di esperimenti iniziati nel 1928 e protrattisi ininterrotti per numerosi anni. In uno studio tipico, i ricercatori riferirono: «Abbiamo pizzicato la coda, le zampe e gli orecchi dei gatti. Li abbiamo sollevati per la pelle lasca della schiena e li abbiamo scossi. Li abbiamo presi a schiaffi e constatato le loro reazioni alla restrizione...» (Dopo un'operazione) «applicammo a un gatto stimolazioni dolorifiche molto intense e prolungate... Quando lo legavamo in decubito dorsale sul tavolo di costrizione o lo sollevavamo per la pelle del dorso e lo scuotevamo violentemente, o lo schiaffeggiavamo o gli strizzavamo la coda con le dita, il gatto emetteva solo qualche flebile lamento. Quando la coda, posta tra le ganasce di una grossa morsa chirurgica, veniva schiacciata, il gatto urlava e tentava di evadere... Durante i 139 giorni di sopravvivenza venne sottoposto, ogni due o tre giorni, a varie stimolazioni dolorifiche... In un'occasione, la sua coda rasata e bagnata venne stimolata tetanicamente attraverso elettrodi connessi a un "induttore di Harvard" attivato da 4,5 volt. Quando il voltaggio venne portato a 13 il gatto si mise a gridare... Alla fine di una stimolazione di 5 secondi con l'induttore a 5, il gatto soffiò due volte e cacciò urli violentissimi. L'ultima di queste stimolazioni elettriche gli produsse un'ustione di terzo grado sulla coda.» Il Johns Hopkins, dove venne compiuta una lunga serie di esperimenti simili, è uno dei più noti centri medici del mondo. Per non essere da meno, altri atenei vollero imitare e possibilmente "migliorare" quegli esperimenti, come nel caso seguente: «All'Università dell'Oregon stimolazioni dolorifiche vennero applicate a gatti mediante calore a livello dolorifico del pavimento e mediante punzecchiature con spilloni. In reazione alle punture delle palme delle zampe, alcuni gatti saltavano in aria fino a sbattere col capo contro il soffitto dell'apparecchio da esperimento. Se ricadevano sugli spilli, aprivano vigorosamente le zampe a ogni contatto e a volte tentavano perfino di mantenersi in equilibrio sulle zampe anteriori, tenendo le zampe posteriori sollevate in aria...» Il precedente esperimento si trova descritto in questi termini nel Journal of Neurophysiology, 1958, 21, pp. 353-367. Una notizia della United Press ha riferito un esperimento in cui un gruppo di gatti è stato spellato vivo sotto il più futile dei pretesti: Essendo uno stimolante, l'adrenalina ha il potere di alzare la temperatura nell'organismo. Inoltre è risaputo che la pelle regola la temperatura dell'animale. Due fisiologi della scuola medica dell'Università di Buffalo, USA, Charles Whitcher e Fred Griffith jr., volevano confermare una loro teoria secondo la quale in un animale spellato vivo, nemmeno la somministrazione di adrenalina avrebbe potuto arrestare l'abbassamento della temperatura corporea dovuto allo spellamento. Quindi a 14 gatti strapparono via tutta la pelle. A ognuno venne dato ciò che gli sperimentatori definirono un anestetico sotto forma di Uretano; senonché l'Uretano non è un anestetico bensì al massimo un sonnifero, che non elimina minimamente il dolore. Però presentava un doppio vantaggio: intorpidiva la muscolatura dei gatti rendendoli incapaci di difendersi, e non causava abbassamento di temperatura, come avrebbe fatto un anestetico: e ciò era importante, poiché si trattava di controllare l'abbassamento di temperatura dovuto allo spellamento e non a un farmaco. Dopo che ogni gatto era stato spellato, gli sperimentatori gli introdussero un termometro nel retto e gli somministrarono l'adrenalina. Risultato: si constatò che la temperatura di un gatto spellato vivo diminuisce anche se gli viene somministrata adrenalina. (Ulteriori particolari di questo esperimento, uno dei tanti, in American Journal of Physiology, vol. 156, gen. 1949.) Un esperimento per studiare le conseguenze di congelamento d'arti nei quali è stato distrutto il sistema nervoso si trova descritto in Yale Journal of Biology and Medicine (1949), e fu compiuto nelle scuole mediche delle Università di Yale e dell'Indiana. I vivisettori, che volevano vedere se l'effetto del congelamento fosse più severo o meno in un arto i cui nervi erano stati recisi chirurgicamente, conoscevano la risposta in precedenza, tanto che nella loro relazione ricordano che Hyndman e Wolkin avevano già riferito che in pazienti umani la pelle rimane più a lungo calda quando i nervi sono stati recisi. « In base alle conoscenze esistenti, » osservarono i vivisettori, «era da aspettarsi che il taglio del simpatico avrebbe prodotto una protezione contro il congelamento.» Dunque da una parte essi già sapevano che cosa aspettarsi, dall'altra difficilmente potrebbe essere stato lo scopo dell'esperimento di consigliare il taglio del simpatico a chi volesse evitare il congelamento. Tagliarono anzitutto i nervi delle cosce di 10 cani, ai quali vennero poi accordati 10 giorni di tempo per rimettersi dall'operazione, dopo di che ebbe inizio l'esperimento vero e proprio. Zampe di ogni cane vennero rasate e poi immerse in una sostai congelante di etere raffreddato da biossido di carbonio solido (ghiaccio secco), a una temperatura variante tra i 15° e i 20° sotto zero. Con le zampe irrigidite dal congelamento, i cani vennero relegati nelle rispettive gabbie e dovettero provare il tormento di un arto congelato che comincia a sgelarsi. Le zampe cominciarono a gonfiarsi, in alcuni casi al punto lacerare la pelle. I vivisettori annotarono l'estensione del gonfiore. Le loro osservazioni continuarono finché sopravvenne la cancrena negli arti martoriati. Non tutti i cani morirono, ma in tutte le zampe rimasero gravemente deformate, e in alcuni si staccarono letteralmente dal corpo. E adesso in breve due esperimenti al Reparto di Psichiatri della Scuola Medica dell'Università dell'Illinois. Al primo ho accennato in apertura del capitolo Scienza o Follia?, ed era stato riportato nel numero di settembre 1949 dell'American Journal of Physiology (vol. 158, N° 3, pag. 478-484) dai due vivisettori che lo avevano compiuto. Essi sapevano in anticipo che disturbi del sistema nervoso centrale sono parzialmente correlati alla concentrazione di anidride carbonica nel sangue: inalazione di questa può causare ansito, convulsioni e coma. D'altro canto un leggero attacco epilettico può essere alleviato attraverso respirazione forzata di un'alta concentrazione di anidride carbonica. Già al corrente di tutto questo, i vivisettori vollero stabilirlo statisticamente, ricorrendo a 13 gatti. Ognuno nelle parole dei vivisettori, venne paralizzato chimicamente, dopodiché fu necessaria la respirazione artificiale per mantenerlo in vita. Fissato al tavolo di contenzione, gli venne segata via la cima del cranio per mettere a nudo il cervello. I gatti ebbero trattamenti diversi. Alcuni respirarono l'aria normale dell'ambiente; altri, varie concentrazioni di anidride carbonica. In altri ancora vennero provocate convulsioni mediante iniezioni endovenose di vari preparati: bicarbonato, acido cloridrico, cianuro di sodio e metrazol. Un gatto dovette sottostare a un intervento chirurgico supplementare: i vivisettori gli tagliarono la gola e gli allacciarono le carotidi. Un'ora dopo l'inizio di queste operazioni ogni gatto ricevette il colpo finale: il cervello esposto venne "congelato rapidamente", mediante versamento nella cavità cranica di aria liquida, Che ha una temperatura di 220° Fahrenheit sotto zero. Naturalmente i gatti morirono, e gli "scienziati" arrivarono alla "conclusione" di quanto già sapevano: la respirazione di anidride carbonica «alza il livello convulsivo per certi farmaci e per la scossa elettrica, ma abbassa questo livello per altri farmaci». Nel numero di settembre 1949, Journal of Neurophysiology (vol. 12, N° 5, pp. 315-323), un altro gruppo di scienziati riferisce ancora un esperimento su gatti, fatto nel Reparto di Psichiatria della scuola medica dell'Università di Chicago. Il vivisettore George Howard Pollock voleva ripetere esperimenti fatti da altri e dimostrare che convulsioni possono essere fermate in un animale, sia che questi sia stato traumatizzato mediante scosse elettriche fino a 100 volt, sia che abbia ricevuto dosi massicce di farmaci convulsivanti come metrazol, insulina, picrotoxin, coryamyrtin, assenzio, stricnina o canfora. Il vivisettore procedette nel modo seguente: diede a ogni gatto la solita "leggera" anestesia, tagliò in profondità la coscia posteriore, e mise a nudo le vene principali. Inserì un tubo per la respirazione nella bocca di ogni gatto, tubo che arrivava fino all’inizio dei polmoni. Segando via la volta cranica mise a nudo il cervello. Con la bestiola in questa condizione, l'anestesia venne interrotta e il gatto venne paralizzato con una sostanza chimica. Mettiamoci al posto del gatto. La "leggera" anestesia è scomparsa, ma lui è paralizzato da un farmaco immesso nella vena, tanto da non poter respirare, e viene tenuto in vita con la respirazione artificiale attraverso un tubo inserito nella laringe. Un elettrodo è fissato a una zampa anteriore per la somministrazione di scosse elettriche, un altro a una zampa posteriore. Sulla volta cranica, in parte mancante, vengono fissati due altri elettrodi per misurare le onde cerebrali che indicheranno l'intensità delle convulsioni che gli verranno procurate. Il vivisettore riferisce che le prime prove vennero fatte con dosi di metrazol non convulsivanti, poi vennero date dosi più forti, convulsivanti, e su ogni animale vennero sperimentate concentrazioni diverse di ossigeno e anidride carbonica. Gli intervalli tra un tentativo di indurre convulsione e l'altro variavano dai 5 ai 30 minuti. Numerosi tentativi vennero fatti su ogni animale. Pollock riuscì questa volta a dimostrare esattamente ciò che era già stato dimostrato molte altre volte. Riferendo un esperimento da laboratorio sul fumo, il settimanale Time ha pubblicato in data 18-2-1952: «Venne strappato il filamento dagli occhi dei conigli e vennero recise le palpebre superiori. La macchina soffiò fumo negli occhi mutilati, i conigli morirono in breve tempo». Il Bollettino del gennaio 1953 della S.P.A. (Protezione Animali) francese ha riferito di una suora professoressa di zoologia in un institut ménager (scuola per massaie), che eseguiva vivisezioni dinanzi alle sue allieve sezionando davanti ai loro occhi gattini vivi. Oggigiorno i vivisettori fanno sempre più largo uso di scimmie, soprattutto di primati, gli animali più simili all'uomo. Uno dei tanti tentativi di interferire con le leggi biologiche naturali fu compiuto su centinaia di scimmiette rhesus, nel tentativo di far sboccare il flusso mestruale da canali diversi da quello normale. Ad ogni scimmia veniva aperto l'addome, si tagliava attraverso il collo dell'utero (cervice) e, lasciando la parte inferiore della cervice nella sua posizione normale, si trapiantava l'utero insieme alla parte superiore della cervice in un altro sito dell'addome, in modo che il flusso mestruale potesse aver luogo attraverso l'estremità recisa. Alcune scimmie soffrirono per anni prima di morire. Quella contrassegnata col N° 872, alla quale l'utero era stato trapiantato nella cavità peritonea, ebbe un'occlusione intestinale e morì di perforazione del colon e peritonite 3 anni e 35 giorni dopo l'operazione. Nel frattempo le mestruazioni erano avvenute mensilmente nella cavità peritonea. La 889 morì per emorragia causata da cancrena della parte superiore della vagina e della parte inferiore della cervice. La N° 874, sopravvissuta a complicazioni da ostruzioni dell'uretere con conseguenti complicazioni renali, emorragie della cervice e una fistula, morì 4 anni, 7 mesi e 12 giorni dopo la prima operazione. Ci fu una lieve variante nel soggetto 884, in cui la cervice recisa venne fissata alla parete addominale anteriore; due anni dopo, l'utero venne nuovamente spostato, in modo che le scariche mestruali si effettuassero attraverso la parete muscolosa inferiore dell'area rettale. In questo stato pietoso la scimmia venne "osservata" per altri 343 giorni. Trattamento simile ebbero le scimmie 900 e 907. E il risultato pratico di tutte queste torture, inflitte a creature così intelligenti e sensibili che molti biologi non possono riscontrare differenze sostanziali tra esse e l'uomo, e per di più del tutto incolpevoli? Una bella relazione in American Journal of Obstetrics and Gynecology (N° 66, nov. 1953), che conferiva un'aura di "scienziati" a coloro che erano stati capaci di concepire e perpetrare una simile scempiaggine e concludeva con l'ormai classico «sono necessarie ulteriori indagini ». Il che in parlata "scientifica" significa: «Vogliamo ulteriori sussidi». Da allora è trascorso un ventennio. Sono state fatte le auspicate indagini? Hanno portato a un qualche risultato pratico? E chi se ne importa? Il pubblico riesce a stento a seguire il fuoco d'artificio di tutte le nuove mirabolanti promesse: la cura miracolosa del cancro, che è imminente da due secoli a questa parte; il vaccino contro ogni tipo di raffreddore, che mi era stato erroneamente annunciato come acquisito negli anni Quaranta a New York, ma che ora sarebbe stato scoperto sul serio all'Institut Pasteur, e sconfiggerebbe non solo tutti i virus conosciuti, ma persino quelli non identificati, oltre a quelli che devono ancora nascere. E alla solita svolta si troverebbe anche la cura del diabete, che ci era stato dato per debellato grazie alla vivisezione fin dal secolo scorso, ma che per intanto continua tranquillamente ad aumentare. Nel 1954, Journal of Physiology riportava una serie di esperimenti fatti al National Institute of Medical Research di Londra da W. Feldberg e S. L. Sherwood, che iniettavano varie sostanze chimiche nel cervello dei gatti. Vediamo cosa accadde a uno cui era stato iniettato del Tubocurarine: «Improvvisamente, esso saltò giù dal tavolo e schizzò nella propria gabbia, gridando sempre più forte e buttandosi contro le pareti. Infine stramazzò, con le zampe e il collo ripiegati, scosso da rapidi spasmi clonici, mostrando una condizione simile a una grave convulsione (epilettica) ... Poi si rialzò, si mise a correre a tutta velocità e stramazzò ancora, in preda a un nuovo attacco. Il tutto si ripetette a più riprese nei 10 minuti seguenti, durante i quali l'animale defecava e schiumava dalla bocca.» (Morì 35 minuti dopo l'iniezione.) Esperimenti simili erano già stati fatti innumerevoli volte, ad esempio nell'Istituto Lister di Londra, su scimmie che di conseguenza impazzirono: una, in preda a convulsioni, si divorò un dito, un'altra si sbranò un avambraccio. Lo aveva riferito il Lancet del 19-9-1931. Interessante, vero? Tratto da: Imperatrice Nuda al capitolo "PER IL BENE DELL'UMANITÀ"http://www.hansruesch.net/articoli/Imperatrice%20Nuda%20(1976).pdf Il pdf di Imperatrice Nuda scaricabile anche da questo link :http://www.dmi.unipg.it/~mamone/sci-dem/nuocontri_1/ruesch_IN.pdfCapitoli di IMPERATRICE NUDA: http://www.facebook.com/photo.php?fbid=508213929256458&set=a.508213905923127.1073741842.469925656418619&type=3&src _________________________ vedi anche:http://www.hansruesch.net/ _________________________

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