18 SETTEMBRE 2014

DANIZA, UN CASO EMBLEMATICO

di Roberto Marchesini – etologo, filosofo e zooantropologo. Direttore del Centro Studi Filosofia Postumanista e della Scuola di Interazione Uomo-Animale (SIUA)
L’episodio che ha coinvolto l’orsa Daniza è emblematico di quanto siamo lontani da una rivisitazione dell’antropocentrismo, che a quanto pare gode di ottima salute nel Belpaese e non solo da PARTE delle amministrazioni locali che, come si sa, hanno sempre dimostrato arretratezza e pressapochismo, ma anche nei salotti buoni dell’opinionismo casalingo che, all’occasione, ha dato il meglio di sé, in un susseguirsi nauseabondo dalla Zanzara de Il Sole 24Ore all’Amaca di Repubblica.
Ritengo l’uccisione di Daniza emblematica per una serie di motivi: prima di tutto perché dimostra l’incongruenza (e sono buono) di un intervento che mette l’orso in un territorio e poi lo uccide perché l’orso si comporta da orso, dove il mettere e togliere a tiramento non rispetta nemmeno i canoni di accortezza che riserviamo agli oggetti; poi perché dimostra che ogni intervento contro gli animali selvatici non risponde a presunte regole ecologiche (solo quelli autoctoni) o etologiche (solo quelli normo-comportamentali) ma si basa sull’interesse spicciolo del MOMENTO.
Con Daniza, l’ho ripetuto in ogni dove, muore la logica e la ragione scientifica, per cui i tanti sacerdoti della razionalità contro il sentimentalismo animalista – che peraltro in questi giorni irridono lo sdegno che questo evento ha suscitato in molte PERSONE – non hanno più alcun argomento: Daniza ha dimostrato, semmai ce ne fosse stato bisogno, che a muoverli non è tanto l’ossequio al rigore della scienza quanto la genuflessione all’antropocentrismo più becero.
Un emblema è qualcosa di immediatamente riconoscibile, non necessariamente omnicomprensivo, e Daniza lo è per molte altre ragioni. Per chi professa l’antispecismo non c’è ovviamente differenza tra un orso e un pollo, tra un maschio e una femmina, tra una madre o un semplice individuo che passeggia per il bosco. Emblematico in questo caso è ciò che è in grado di smascherare la ragione antropocentrica attraverso diverse angolature, non necessariamente il caso che è più consono a catalizzare l’opinione pubblica, nelle sue MILLEcontraddizioni speciste.
Intervenire su Daniza non rispondeva a nessuna logica, ovvero non nasceva da un insieme di elementi oggettivi e riscontrati, da un esame coinvolgente un tavolo di lavoro di esperti al di sopra delle parti. Daniza fu dichiarata pericolosa a-priori, la sua è una morte politica e lo dimostra il fatto che l’amministrazione trentina ne aveva richiesto l’allontanamento subito dopo l’episodio, peraltro circondato da molte ombre, della risposta difensiva messa in atto dall’orsa nei confronti dell’incauto cercatore di funghi.
Rispetto a questo episodio occorre dire che, ponendo che corrisponda al vero, esso ci mostra una reazione estremamente equilibrata e moderata: l’orsa avrebbe potuto creare danni ben più gravi anche in considerazione dell’evento comportamentale all’origine di tale risposta, la difesa dei propri cuccioli. Ma è evidente che si cercava un casus belli, altrimenti il tutto sarebbe passato in cavalleria. Ora il presidente della provincia Rossi dichiara che l’istanza per la cattura va imputata a episodi ripetuti di aggressione, ma mente e lo dimostra il fatto che l’opzione dell’allontanamento è stata avanzata dopo il primo esile e dubbio episodio coinvolgente il fungaiolo. Non a caso su sollecitazione di cittadini e di varie associazioni stilai immediatamente un resoconto per il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti dove sottolineavo con un copioso insieme di ragioni eto-ecologiche come Daniza non fosse da considerarsi pericolosa e come, viceversa, un intervento di cattura e allontanamento esponesse gli orsi in questione a gravi rischi. Un documento rimasto lettera morta, grazie alla sollecitudine mostrata dal ministro, per cui sto raccogliendo le firme per chiederne le dimissioni.Tuttavia questo documento dimostra come le scuse addotte a-posteriori dalle istituzioni trentine siano state costruite ad arte per cercare di rimediare a un pasticcio inaudito.
Quando sento dire che anche i vitelli e gli agnellini aggrediti – ma anche di questo c’è da dubitare – hanno una mamma che dovrebbe muoverci compassione, non so più se ridere o se piangere: siamo amministrati da queste PERSONE! Come se l’allevatore si preoccupasse della sorte di vitelli e agnellini e non del ricavato economico che ne fa, quello che si rivendica è il diritto dell’uomo a essere l’unico che può permettersi di sgozzare agnelli, vitelli e quant’altro.
Il problema dei danni è meramente economico e va affrontato con altri argomenti se non si vuole prendere per il culo le persone, caro signor Rossi. Ma poniamo l’eventualità – con uno sforzo incredibile e un volo pindarico nel regno dell’assurdo – che effettivamente l’orsa mostrasse comportamenti problematici, beh anche in questo caso si poteva procedere con il monitoraggio, anche tenuto conto della stagione di letargo ormai prossima.
Che dire? L’intervento a tutti i costi e in fretta e furia lascia presagire altre ragioni e non certo per propensioni complottiste. È proprio alla ragione che sfugge il motivo di un intervento tanto improvviso. Quando poi sento dire che chi s’indigna e protesta vive nel mondo disneyano non posso far altro che ridere, anche se amaro, amarissimo: vive nel mondo delle favole chi pensava che l’orso fosse Winnie the Pooh, ovvero un tipetto sciocco e un po’ goloso. Chiara Geloni sull’Huffington Post si indigna perché ci indigniamo, arrampicandosi sugli specchi della solita litania – ci sono cose più importanti, non piangiamo per le suore uccise, si vuole più bene agli animali che agli uomini – esprimendo con leggerezza pensieri così profondi che sembra abbia preso una dose di lassativo da cavallo. Per Michele Serra invece, nella sua rubrica L’Amaca, l’orso ci ricorda oscuri fondali del nostro passato da cacciatori raccoglitori, uccidendo Daniza una seconda volta riducendola a un archetipo che avrebbe fatto morire dalle risate perfino Carl Jung. Ma inerpichiamoci pure nella fantasia più sfrenata e poniamo che effettivamente Daniza andasse catturata. Come? Qui le nebbie si chiudono definitivamente e non sappiamo più nulla, SOLO la palese esecuzione maldestra da gruppo TNT.
Ci chiediamo: era presente un medico veterinario con esperienze in anestesia di fauna selvatica?
Aveva con sé l’attrezzatura atta alla rianimazione nel caso, per nulla remoto, di una reazione idiosincrasica o tossicologica?
Quale principio attivo è stato utilizzato?
È stata fatta una relazione preventiva circa i rischi, considerata l’età del soggetto, la stagionalità in essere, il fatto di essere una madre da molti mesi in lattazione e in cure parentali?
È stato stilato un protocollo che tenesse in considerazione tali rischi?
L’utilizzo dell’attrezzatura di tele narcosi era stata autorizzata e la persona ne aveva disposizione?

E potremmo CONTINUARE con le domande, cosa peraltro che ho fatto con una relazione d’interrogazione.
Ma siamo alla fiera del dilettantismo ed ecco risorgere il significato emblematico di Daniza. Tutta questa improvvisazione ha stanato i sacerdoti del razionalismo che normalmente su Facebook si stracciano le vesti per dimostrare l’ignoranza degli animalisti. Ora devono difendere il pressapochismo ed eccoli uscire allo scoperto scrivendo post da bivacco e da osteria.
Dove è finito il razionalismo? Nel nulla del loro “Assbook”, finalmente smutandato dalla maschera del rigore scientifico. Perché Daniza porta in superficie le contraddizioni, le trasforma in sassi indigeribili dallo stomaco onnivoro dell’antropocentrismo. Come ho scritto, con Daniza muoiono molte cose per tale motivo, questo evento segna una pagina molto importante per il movimento antispecista. Proprio perché Daniza non è un simbolo ma un individuo in carne ed ossa che ha perso l’unica cosa che aveva, la vita, nell’espressione della sua diversità di specie; perché Daniza ha smascherato l’ambiguità de l’antropomorfismo, sempre attribuito ai cosiddetti animalisti, e ora ben visibile in faccia a chi ha scritto “Wanted” sul nome di Daniza come nel vecchio west.
Ora restano due cuccioli, dispersi nel bosco come bambini di tre anni da soli in una metropoli, e chi ha fatto il danno ora si propone come risolutore. Solita vecchia storia: i cacciatori che si propongono come numi tutelari dell’ambiente. Nel frattempo, la storia di Daniza continua…