domenica 31 agosto 2014

ISIL


Carte degli Angeli, Alisea Sensitiva esperta con le carte degli Angeli

Cartomanti Online

Gioia Cartomante Sensitiva esperta in Tarocchi Zen


ISIL completely fabricated enemy by US: Former CIA contractor

Sunday 31 August 2014
‘Former CIA contractor Steven Kelley says that the ISIL terrorist group is a completely fabricated enemy created and funded by the United States.
“This is a completely fabricated enemy,” he said in a phone interview with Press TV from Anaheim, California on Thursday.
“The funding is completely from the United States and its allies and for people to think that this enemy is something that needs to be attacked in Syria or Iraq is a farce because obviously this is something that we create it, we control and only now it has become inconvenient for us to attack this group as a legitimate enemy,” Kelley added.’

ORA CI VOGLIONO FAR CREDERE CHE LI VOGLIONO COMBATTERE

OBAMA BIN LADEN. COME E PERCHÉ GLI USA HANNO CREATO L’ISIS

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L’islamismo è l’alleato oggettivo dell’imperialismo americano nel Medio oriente. Esso fin dagli anni ’80 costituisce il pretesto che permette agli Stati Uniti di intervenire nei paesi arabi, a seconda dei casi per aiutare gli islamici “buoni” in lotta per la libertà o per sconfiggere quelli “cattivi” che minacciano la sicurezza mondiale. Negli anni ’80 durante la Guerra Fredda l’Islam conservatore era l’alleato degli Usa nel contenere la diffusione del comunismo e dell’influenza dell’Urss nei mondo arabo. Sotto la presidenza di Reagan gli Stati Uniti armarono ed addestrarono i talebani in Afghanistan per rovesciare la Repubblica Popolare e contrastare il successivo intervento sovietico. Al-Qaeda nasce qui, con i soldi e il supporto americano, tanto che lo stesso Bin Laden (ricordiamolo proveniente da una famiglia di affaristi sauditi in stretti rapporti con gli Usa) combatteva in Afghanistan e veniva intervistato da quotidiani occidentali come “The Indipendent” i quali lo definivano “freedom fighter”. I Talebani vennero addirittura glorificati in film come “Rambo 3″ mentre vari leader islamisti afghani furono ricevuti alla casa bianca da Reagan che li definì “leader con gli stessi valori dei Padri Fondatori”. La stessa strategia proseguì negli anni novanta con Clinton, che poté intervenire in Jugoslavia al fianco dei narcotrafficanti dell’Uck in Kosovo spacciati come difensori del proprio popolo da non meglio precisati genocidi. Con Bush la strategia cambia: complice l’11 Settembre, gli amici di ieri diventano i nemici di oggi. Parte una campagna propagandistica mondiale secondo cui l’Islam ha dichiarato guerra alla civiltà occidentale e ci sono arabi dietro ogni angolo pronti a farsi esplodere. Con questa scusa parte la cosiddetta guerra al terrore grazie alla quale vengono eliminati gli ex-alleati talebani ora sfuggiti al controllo e si invade l’Iraq, una guerra totalmente priva di senso anche per la logica di Bush considerato che il governo di Saddam Hussein apparteneva alla corrente del baathismo laico e di tutto poteva essere tacciato tranne che di islamismo.
Con Obama la strategia cambia ancora. Adesso non esiste più la minaccia islamica: gli Stati Uniti devono intervenire per difendere i giovani della Primavera Araba in lotta contro i “dittatori” (termine indicante tutti i capi di stato non graditi all’America). Bin Laden, tenuto in vita come spauracchio durante l’epoca Bush, viene fatto fuori in un lampo, ovviamente prima che possa parlare dei suoi passati legami con gli Usa. Gli islamisti adesso sono alleati e tutti i peggiori integralisti, dal Fronte Al-Nusra siriano ai Fratelli Musulmani, vengono trasformati dai media in giovani non violenti in lotta contro la dittatura. Con questa scusa Obama arma delle milizie islamiste in Libia ed interviene in loro supporto per eliminare Gheddafi. Ora la Libia è un inferno a cielo aperto in preda a gang islamiche mentre gli americani ne saccheggiano il petrolio. Lo stesso avviene in Siria, dove gli Usa appoggiano animali assetati di sangue come Al-Nusra e il famigerato Isis, presentati sempre come studenti che manifestano per i diritti umani. Ora invece assistiamo ad un ritorno della propaganda sulla minaccia islamista da parte dell’amministrazione Obama per giustificare l’inizio di operazioni militari in Iraq. La situazione fa quasi sorridere considerando che l’Isis sostanzialmente sono i ribelli siriani presentati come sinceri democratici e a fianco dei quali meno di un anno fa lo stesso Obama voleva intervenire militarmente. Le stesse persone al variare degli interessi in gioco passano da combattenti per la libertà a sanguinari terroristi a seconda che si trovino ad ovest o ad est del confine tra Siria ed Iraq.
L’Isis è un gruppo integralista sunnita che si propone l’obiettivo di creare uno stato islamico, il Califfato, che comprenda i territori di Siria e Iran per portare avanti la jihad contro lo sciitismo. Il terreno fertile per la sua espansione è stato creato dall’intervento militare americano in Iraq del 2003. Il rovesciamento di Saddam ha causato la caduta di uno dei pochi stati laici della regione e fatto saltare il delicato equilibrio interno tra la maggioranza sciita e la minoranza sunnita. Nel caos e nell’anarchia seguenti, l’islamismo politico è potuto tornare ad operare alla luce del sole con spazi di manovra di cui era precedentemente privo. I gruppi islamisti sono riusciti in breve tempo a raccogliere un ampio consenso all’interno delle minoranze etniche sunnite. L’Iraq è infatti a maggioranza sciita, il che ha portato dalla caduta di Saddam in poi all’affermazione di governi guidati da forze politiche sciite quale quello del presidente Al-Maliki. Questo contesto a partire dal 2011 va ad incrociarsi con lo scenario della Guerra Civile Siriana. Gli Stati Uniti, desiderosi di rovesciare lo sgradito presidente siriano Assad, iniziano ad armare delle milizie islamiche locali antigovernative, presentati dai media in ossequio alla linea propagandistica dell’amministrazione Obama come giovani non violenti in lotta per democrazia e diritti umani. In realtà come dimostrato dai fatti si tratta delle frange più sanguinarie dello jihaidismo siriano e non solo (in nome della guerra santa contro il laico Assad giungono in Siria migliaia di integralisti dal resto del medio oriente e dalle comunità islamiche in occidente). Tra queste milizie vi è anche il famigerato Isis, che cresce e si sviluppa grazie al supporto economico, diplomatico e militare di Washington. L’Isis si espande a macchia d’olio assumendo il controllo della frontiera con l’Iraq, fino ad iniziare ad operare all’interno dello stato confinante, dove si guadagna un consistente supporto tra la popolazione sunnita ed inizia una guerriglia contro il governo del presidente Al-Maliki.
L’Isis è funzionale agli interessi americani anche in Iraq. Dopo la caduta del sunnita Saddam il paese, essendo a maggioranza sciita, si è avvicinato politicamente ai correligionari e all’Iran, e di conseguenza anche alla Siria alleato storico di Teheran, creando negli Usa il timore di perdere la propria influenza sul paese. Basta osservare una cartina geografica per capire che si verrebbe a creare in questo modo un asse sciita filoiraniano che si estenderebbe con continuità territoriale nel cuore del medio oriente da Teheran fino agli Hezbollah libanesi alle porte di Israele. Questo scenario è ovviamente inaccettabile per la Casa Bianca. L’Isis avendo come obiettivo della sua guerra santa l’Iran e gli sciiti fa dunque il gioco degli Usa. L’obiettivo di medio termine di Washington è quello di rendere controllabile il paese balcanizzandolo in tre aree, sunnita, sciita e curda. Questa intenzione non viene nemmeno particolarmente celata, tanto che per bocca del vicepresidente Biden il governo Usa ha invitato l’Iraq a procedere a una riforma in senso federalista. Per questo l’Isis è stato lasciato agire fino a mettere alle strette il governo di Al-Maliki.
Con la scusa dell’avanzata del califfato gli americani hanno potuto rientrare militarmente in Iraq riportando a una situazione di sostanziale equilibrio tra governo e Stato Islamico. Un intervento volutamente tardivo che se ne ha fermato l’avanzata ha permesso al Califfato di consolidare le posizioni già conquistate. Approfittando del drammatico genocidio delle minoranze da parte del califfato gli Usa hanno cominciato a rifornire di armi i curdi Peshmerga, alleati degli americani durante l’invasione del 2003 e animati da intenti secessionisti. La scelta di bypassare il governo iracheno e fornire armi direttamente ai curdi non è casuale, ma ha lo scopo di creare nella regione una forza armata filoamericana e separatista nei confronti di Baghdad, indebolendo ancora di più la posizione del governo centrale iracheno. Il risultato di tutto ciò è un Iraq sostanzialmente diviso in tre parti: una sciita debole e alla mercé degli aiuti militari americani, una curda che vada a costituire una sorta di gendarme americano locale, e il Califfato islamico, formalmente avversato da Washington ma in realtà tollerato che continua la sua guerra regionale contro due stati sgraditi agli Usa, Siria e Iran, facendo il lavoro sporco al posto degli americani.
E’ notizia recentissima l’annuncio da parte del Pentagono della volontà di compiere raid armati nel territorio siriano per distruggere le basi degli islamisti. Qui emerge di nuovo la natura dell’islam come pretesto per le ingerenze Usa. Meno di un anno fa gli Stati Uniti volevano entrare in Siria per aiutare proprio i “democratici” dell’Isis contro Assad. Vistasi sbarrata la porta dall’opposizione russo-cinese, dopo un anno rientrano in Siria dalla finestra, questa volta con la scusa di combattere i terroristi. Chissà che, una volta entrati nel territorio di Damasco, gli uomini a stelle e strisce non estendano le operazioni anche contro il governo di Assad, magari con la scusa di qualche incidente dalla dinamica poco chiara fra i propri militari e quelli di Damasco. Per chiudere il cerchio, un ultimo dato. Per bocca del proprio leader, il califfo Al-Baghdadi, l’Isis ha indicato la Cina come stato nemico dell’Islam promettendo in un prossimo futuro di fornire aiuto ai gruppi islamisti Uighuri dello Xinjiang. Casualmente il principale avversario geopolitico degli Usa rientra tra gli obiettivi degli islamisti (che ad esempio durante tutto il periodo dei bombardamenti a Gaza non hanno detto una sola parola contro Israele).
E’ l’imperialismo americano la mano che arma lo jihaidismo nel mondo arabo. Il responsabile del dramma iracheno è da cercare tra le poltrone di Washington. Viste le loro frequentazioni, forse il presidente Obama dovrebbe cambiare nome in Osama.
Riccardo Maggioni
Tratto da: informarexresistere
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PATTO SEGRETO

Carte degli Angeli, Alisea Sensitiva esperta con le carte degli Angeli

Gioia Cartomante Sensitiva esperta in Tarocchi Zen


CLAMOROSO / PATTO SEGRETO TRA UCRAINA, OLANDA, AUSTRALIA E BELGIO PER NON DIVULGARE CHI HA ABBATTUTO L'AEREO MALESE!

sabato 30 agosto 2014
Ucraina, Olanda, Australia e Belgio hanno firmato, l'8 agosto, un accordo per non rendere noti i risultati fino a ora ottenuti dall'inchiesta sull'abbattimento del Boeing della Malaysia airlines il 17 luglio scorso. A rivelarlo fonti ucraine attendibili (Agenzia Interfax-Ucraina, agenzia Unian). L'informazione arriva dal portavoce del procuratore generale ucraino, Jurij Bojchenko, che l'ha resa nota in un briefing lo scorso 12 agosto.
La clamorosa rivelazione apre interrogativi sul corso delle indagini e sulle modalita' con cui la decisione e' stata presa. L'accordo quadripartito comprende inspiegabilmente il Belgio (che ha avuto solo quattro morti nell'incidente) e non comprende - ancora piu' inspiegabilmente - la Malaysia. E consente a uno qualunque dei quattro paesi firmatari di impedire la pubblicazione di ogni notizia in merito. 
Lo rivela - ripetiamo - l'agenzia di stampa Interfax. C'era accordo tra Ucraina, Olanda, Australia e Belgio per impedire qualsiasi fuga di notizia Inclusa l'Ucraina, che detiene la responsabilita' primaria del controllo del proprio spazio aereo.
Secondo quanto riferiscono le fonti, nell'accordo e' inclusa la clausola che ciascuno dei firmatari ha il diritto di veto sulla pubblicazione dei risultati dell'indagine.
Non e' chiaro su quali basi giuridiche un tale accordo quadripartito sia stato definito. Ma e' evidente che la Russia sollevera' la questione nelle sedi internazionali competenti.
Non e' stato possibile, al momento, ottenere una reazione ufficiale dell'Icao (International Civil Aviation Organization) alla notizia. Il che è ancora più preoccupante: se fosse una notizia falsa, la smentita sarebbe già arrivata senza alcun dubbio.
Redazione Milano.

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DEVONO CREARE GUERRE SICCOME NESSUNO GLI CREDE PIU STANNO MALE

“Zero Prove” dell’invasione Russa in Ucraina

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The Moon of Alabama

Gli autori di questo pezzo sul NYT, l’Ucraina e i rapporti sull’invasione Russa, non sono convincenti quando presentano queste relazioni, fornite dal governo ucraino, come veritiere:
L’ultima incursione, che i militari ucraini hanno detto comprendere cinque corazzati da trasporto truppe, è perlomeno il terzo movimento, questa settimana, di truppe e di armi dalla Russia attraverso la parte sud-est del confine. Questa azione ha ridotto ulteriormente lo slancio delle forze ucraine che avevano, fino a quel momento, indebolito gli insorti nel loro territorio di Donetsk e Luhansk e più a nord. La prova di questa possibile svolta è stata avvertita nel panico e nel ritiro dei soldati ucraini, martedì, a causa di una forza venuta da oltre il confine russo.

Andriy Lysenko, un portavoce per l’esercito ucraino a Kiev, ha detto che la colonna corazzata russa è entrata nel città di Amvrosiyivka, a sud di Donetsk, ampliando quello che i funzionari occidentali e ucraini hanno descritto come uno dei principali fronti in una controffensiva diretta dalla Russia.
Il “momento propizio” per le truppe ucraine in realtà non è mai stato così grande o imminente come il governo ucraino ha sostenuto. Un paio di brigate motorizzate hanno attraversato il territorio controllato da pochi insorti e quando sono stati fermati, davanti al loro obiettivo primario, sono stati immediatamente tagliati fuori e circondati. Il loro morale è a terra, le loro attrezzature vecchie, le munizioni limitate e l’intero scopo della campagna è inconcludente. Ora anche i contrattacchi deboli, la “controffensiva“, li ha messa in fuga.
L’articolo ripete l’affermazione ucraina secondo cui  il materiale russo, tra cui munizioni, sia passato attraverso il confine e mostra l’immagine di 20 o più casse di legno contenenti RPG con la didascalia che dice:
“Un abitante del villaggio ha aperto una scatola di granate con propulsione a razzo lasciati dall’esercito ucraino in Starobecheve, a sud est di Donetsk.  I ribelli Pro-Russia hanno assunto il controllo della città dopo che l’esercito si è ritirato.”
Ovviamente le truppe ucraine in fuga stanno lasciando un sacco di chicche indietro.
Poi c’è questo:
I separatisti hanno affermato che stanno usando attrezzature catturate dall’esercito ucraino. Ma i funzionari americani si dicono fiduciosi nell’affermare che l’artiglieria nella zona di Krasnodon in Ucraina è proveniente e della Russia poichè le forze ucraine non hanno penetrato in profondità in quella regione controllata dai separatisti. I funzionari americani hanno anche affermato che i separatisti non hanno alcuna esperienza nell’uso di tali armi.
La parte in grassetto è naturalmente una stronzata assoluta. I minatori di Donetsk e i volontari provenienti da tutta la Russia hanno fatto il servizio militare regolare. Sono in grado di gestire i sistemi Grad, poco evoluti dalla seconda guerra mondiale, e l’altro genere di artiglieria.
Gli Stati Uniti hanno le fotografie che mostrano l’artiglieria russa spostata in Ucraina, i funzionari americani hanno ribadito. Una foto datata Giovedi scorso, mostrata ad un giornalista del New York Times, svela le unità militari russe in movimento e l’artiglierie semovente in Ucraina. Un’altra foto, in data Sabato, mostra l’artiglieria in posizione di tiro in Ucraina.
“Informazioni mostrate ad una giornalista del New York Times”, che probabilmente non può distinguere un sistema Grad da un organo a canne è quasi l’equivalente di zero prove.
Sulla strada in Novoazovsk, martedì il Sgt. Ihor Sharapov, un soldato con l’unità di pattuglia sul confine ucraino, ha detto di aver visto i carri armati attraversare il confine, anche se erano contrassegnati con bandiere della Repubblica Popolare Donetsk. Altri hanno suggerito che le bandiere erano uno stratagemma.
“Io vi dico che sono russi, ma questo è ciò che ho come prove”, ha detto il sergente. Aleksei Panko, ha unito il pollice e l’indice per formare uno zero.
Prove Zero – anzi. Non ho assolutamente alcun dubbio che i volontari russi stiano combattendo sul lato insurrezionale. Non ho alcun dubbio che alcune munizioni provengano dalla Russia. Ma a giudicare dalle immagini di attrezzature e munizioni utilizzate dagli insorti quasi tutto sembra essere roba di epoca sovietica che l’esercito ucraino sta impiegando. Devo ancora vedere le grandi attrezzature russe aggiornati nelle loro mani. La grande invasione russa che il governo ucraino sostiene è molto improbabile che sia mai avvenuta(e mai avverrà NdT).
Aggiornamento
Quello che sta accadendo è “un’operazione di informazione” piuttosto sorprendente e senza dubbio di origine statunitense.
Considerate questo: Il presidente ucraino parla di insorti Russi affiliati nell’est dell’Ucraina e la Reuters e altri organi di informazione parlano di “invasione”. A questo punto tutte le principali fonti di informazione riprendendo la Reuters ripetono la definizione “invasione” causando un danno colossale nell’informazione. La notizie viene poi ritirata ma oramai il danno era fatto.
Leggete questo da Tagesschau , il programma televisivo tedesco più visto:
Traduzione:
Sulla vicenda #Ucraina c’è stato un errore di traduzione dell’agenzia Reuters: Secondo la versione corretta,  Poroshenko non parla di invasione.
Nel frattempo su tutti i media mondiale la parola “invasione” è stata utilizzata in lungo e largo per descrivere una situazione essersi poi rivelata un errore di traduzione o un errore intenzionale di Poroshenko.
Si noti che l’autore del pezzo del NYT sopra è Michael Gordon, che, insieme a Judith Miller, scrisse rapporti sensazionali circa le prove delle armi di distruzione di massa in Iraq. L’attuale capo della NATO, che sta promuovendo la guerra contro la Russia, assetato-di-guerra Rassmussen, ha detto 11 anni fa: “L’Iraq ha armi di distruzione di massa. Non è qualcosa che pensiamo, è qualcosa che conosciamo.”.
Queste persone e le agenzie di stampa occidentali che hanno sostenuto l’esistenza delle Armi di Distruzione di Massa in  Iraq stanno ora sostenendo una presunta “invasione” russa in Ucraina solo per smentirsi quando il danno oramai è fatto. Sono dei guerrafondai. Tutti loro.
Tradotto da Fractions of Reality
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DEVONO FARE DI TUTTO PER FAR SCOPPIARE UNA GUERRA

Ucraina, Invasione russa? Le immagini satellitari della Nato sono ridicole



invasione-russa

29 agosto – Per Mosca ”non ha senso commentare seriamente” le immagini satellitari diffuse dalla Nato come prova della presenza di truppe russe nell’Ucraina dell’est. “E’ diventato ridicolo. Se prima almeno qualcuno metteva il suo nome su queste immagini, fosse Breedlove (il comandante supremo Nato in Europa, ndr), Rasmussen (il segretario generale dell’Alleanza uscente, ndr) o anche Lungescu (la portavoce, ndr), ora esitano”, ha sottolineato il gen. Igor Konashenkov, portavoce del ministero della difesa russo.
Le immagini, sfocate e con ingrandimento, sono effettivamente pietose, come pietoso è chiamare “invasione russa” la fantomatica presenza di qualche militare, se anche fosse vera. Qualsisi sprovveduto sa infatti che, se e quando ci fosse una vera invasione russa, cioè con almeno 100mila uomini, non ci sarebbe bisogno di satelliti e ingrandimenti: la si vedrebbe e sentirebbe a occhio nudo.
Ma non è tutto, come dice Megachip la bufala va avanti da giugno, quando repubblica parlava di invasione, mentre i russi erano tranquillamente a casa loro, esattamente come adesso.
Poi guardi le foto, e c’è scritto in piccolo e in inglese che «L’area di dispiegamento e di addestramento si trova a circa 50 km a Est del confine ucraino», ossia in territorio russo.
 
Come se non bastasse, le diciture nelle foto spiegano anche che quella è l’area di Rostov (nei pressi della più grande città della Russia meridionale). Lì si stanno svolgendo massicce esercitazioni: Mosca mostra i muscoli. Ma a casa sua.

BASTA NON COMPRARLI

Libero scambio USA-UE: arrivano polli al cloro e carne agli ormoni




carne18 giugno – Il segretario all’agricultura americano Tom Vilsack ha incontrato il commissario europeo Dacian Ciolos, responsabile del dossier agricolo a Bruxelles. E’ stata solo una visita di cortesia, ma è servita a preparare il terreno a negoziati difficili.
Culture intensive, pollo al cloro, carne agli ormoni e agli antibiotici, chi tra gli europei critica il trattato di libero scambio con gli americani, teme per la sicurezza alimentare con l’invasione di prodotti agricoli americani con standard inferiori.
Tom Vilsack, segretario americano all’agricoltura difende il libero mercato:
“Il modo giusto per affrontare questa questione non è quello di tracciare una linea nella sabbia e dire: questo è dentro e questo è fuori. Dobbiamo avere fiducia nei consumatori e nella loro capacità di scegliere. Il mercato normalmente fà la scelta giusta.”
Nelle trattative si dovranno difendere gli interessi degli agricoltori e la sicurezza alimentare ha ricordato Paolo De Castro, presidente della Commissione agricoltura al Parlamento europeo.
Iniziati l’anno scorso i negoziati sull’accordo di libero scambio dovranno affrontare soprattuto l’ostacolo regolamenti, molto diversi tra una sponda e l’altra dell’oceano soprattutto per quanto riguarda gli ogm, gli organismi geneticamente modificati. I verdi criticano l’idea di un tribunale chiamato a giudicare i litigi tra le grandi società e i governi.
Yannick Jadot, eurodeputato ecologista francese:
“Nell’accordo il rafforzamento del diritto delle multinazionali potrebbe dar loro la capacità di contestare in un tribunale sovranazionale un paese che volesse applicare il principio di precauzione e rifiutare la coltura di ogm”
Il sesto round dei negoziati si svolgerà a luglio, l’obiettivo del trattato è portare ad un aumento del prodotto interno lordo europeo dello 0.5%. Per Helmut Scholz, eurodeputato tedesco dell’estrema sinistra, questo “non è un negoziato a favore della crescita, ma piuttosto un negoziato anti-regolamenti”. i deputati europei chiedono di mettere al centro delle trattative, gli interessi e la protezione dei consumatori. euronews



EQUITALIA

Lo Stato fa la cresta sulle tasse a Rate

Lo Stato fa la cresta sulle tasse a Rate
Sembra di essere in un grande magazzino e invece sei allo sportello del fisco. Dodici, 24 o 36 rate. Per i più temerari si può arrivare anche a 120, dieci anni tondi tondi. E il grande boom del pagamento dilazionato, la trovata del fisco amico che tende la mano al contribuente e ti offre la possibilità di spalmare il tuo debito in centinaia di comode rate mensili.
La novità, in voga da qualche anno, si è amplificata a dismisura con la crisi. Un paio di giorni fa Equitalia ha diffuso i dati relativi a luglio, che hanno registrato un record di 156mila richieste, con una media settimanale pari a circa il doppio di quella dei primi sei mesi dell’anno. La mole di debiti fiscali rateizzati è impressionante si parla di 2,4 milioni di pratiche aperte per un controvalore di 26,6 miliardi di euro. La procedura sarebbe stata chiesta da oltre 1,8 milioni di contribuenti.
Numeri che sembrano destinati a crescere. Anche perché lo Stato, capita l’antifona, sta cercando di cavalcare l’onda con ogni mezzo possibile. La giostra è partita con il decreto del Fare la scorsa estate. Nel novembre del 2013 il decreto attuativo firmato dall’ex ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, ha reso operativa la rateizzazione extra large fino a 120 rate, che resta condizionata ad una grave e comprovata difficoltà economica. Per tutti gli altri c’è il piano di ammortamento ordinario, che può arrivare fino a 72 rate, 6 anni. Per entrambi Equitalia ha approntato nei giorni scorsi un bel vademecum per spiegare nel dettaglio come accedere al beneficio. Per i debiti sopra i 50mila euro serve una sorta di istruttoria degli uffici della riscossione, che devono accertare lo stato di difficoltà economica. Per gli importi minori, invece, il governo è riuscito, forse l’unico caso di tutta la Pa, a semplificare fino all’osso la procedura. Basta compilare un modulo disponibile sul sito internet www.gruppoequitalia.it e rimandarlo indietro, a mano oppure con raccomandata con ricevuta di ritorno.
E per il 2015 è in arrivo la grande rivoluzione: la cartella esattoriale rateizzata precompilata. Niente più cifre brutali sparate nero su bianco in mezzo alla pagina. In evidenza ci sarà una piccola, innocua e rassicurante rata di qualche centinaio di euro. A quel punto, resistere alla tentazione sarà quasi impossibile. Anche per chi, magari, i soldi da versare li ha tutti e subito.
Possibile che il fisco abbia così a cuore gli interessi dei cittadini dopo anni di vessazioni e strapazzamenti? In realtà, proprio come accade nel grande magazzino, la rata conviene principalmente a chi incassa. E se negli acquisti ci guadagnano in due, il commerciante e la finanziaria, qui a vincere è sempre lo Stato: da una parte si garantisce, seppure dilazionate, entrate che difficilmente potrebbe ottenere a colpi di pignoramenti, ipoteche e fermi amministrativi, dall’altra, ed ecco il bello, ottiene molto più del dovuto.
Già, perché le rate altro non sono che un prestito su cui lo Stato, come una banca qualsiasi, applica i suoi bravi interessi. E le percentuali non sono, come si potrebbe pensare, così insignificanti. Sulla scadenza ordinaria più lunga (72 rate) alla fine del pagamento il contribuente si trova ad aver sborsato una somma maggiorata del 14,3%. Il che, per un debito di 10mila euro, significa «solo» 1.429 euro in più, ma per una cartella di 50mila euro il regalo allo Stato per il disturbo ammonta addirittura a 7.146 euro aggiuntivi.
Alla faccia del vademecum e del fisco amico, la rateizzazione sbandierata da Equitalia per salvare il contribuente altro non è che l’ennesimo modo per spremerlo. Anche sulle scadenze inferiori non si scherza. Per i 48 mesi l’importo complessivo cresce del 9,45%, mentre per i 36 mesi l’interesse del fisco è del 7%. Percentuale che scende al 4,75% se il contribuente estingue il debito in 24 rate.Sarà un caso, ma sul totale delle richieste le imprese sono solo il 23%. Se uno riesce a spuntare un tasso del 5-6% in banca, infatti, è più conveniente saldare tutto in un colpo. Per lo Stato, invece, il business è assicurato. Calcolando un tasso medio del 7% (ma è sicuramente più alto), dai 26,6 miliardi di rate l’erario incasserà circa 1,9 miliardi in più.
di Sandro Iacometti
@sandroiacometti