domenica 22 marzo 2015

BENZODIAZEPINE: La fabbrica di zombie!

Sempre più persone e sopratutto anziani senza controllo e con il bene placito di medici criminali, assumo benzodiazepine. La terapia massima è di 4 settimane, ma la gente le usa per anni, creando cosi danni permanenti e disastrosi per l’organismo e la psiche. Una nuova tendenza criminale delle Big Pharma è quella di intossicare i bambini col cibo (aspartame, zuccheri raffinati, coloranti, additivi, ecc..) Questa intossicazione porta i bambini a sovraeccitamento, disturbi dell’attenzione, disturbi dell’apprendimento, apatia e depressioni. E qui medici senza scrupoli pongono la salvezza alle famiglie (completamente ignoranti) imbottendo i bambini con questi farmaci.
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(ADHD Sindrome da deficit di attenzione e iperattività Il Disturbo da deficit d’attenzione ed iperattività (ADHD) è un disturbo del comportamento caratterizzato da inattenzione, impulsività e iperattività motoria che rende difficoltoso e in taluni casi impedisce il normale sviluppo e integrazione sociale dei bambini. Si tratta di un disturbo eterogeneo e complesso, multifattoriale che nel 70-80% dei casi coesiste con un altro o altri disturbi (fenomeno definito comorbilità). La coesistenza di più disturbi aggrava la sintomatologia rendendo complessa sia la diagnosi sia la terapia. Quelli più frequentemente associati sono il disturbo oppositivo-provocatorio e i disturbi della condotta, i disturbi specifici dell’apprendimento (dislessia, disgrafia, ecc.), i disturbi d’ansia e, con minore frequenza, la depressione, il disturbo ossessivo-compulsivo, il disturbo da tic, il disturbo bipolare.)
Il tutto come detto sopra causato completamente da un’alimentazione chimica e completamente malsana)
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Gli effetti devastanti delle benzodiazepine I pericoli insiti nell’uso smodato degli ansiolitici sono rivelati dal manuale di Crystal Heather Ashton
Le pillole “magiche” – A proposito di “droghe”, a quasi cinquant’anni dalla scoperta delle benzodiazepine (medicinali comunemente usati contro l’ansia, l’insonnia, le crisi di panico e altro), l’informazione sulla pericolosità di queste sostanze è deficitaria, se non del tutto assente. Cresce ogni anno in maniera esponenziale il numero d’individui che fanno abuso di farmaci a base di benzodiazepine. Non esistono stime esatte, poiché in molti paesi vengono venduti come prodotti da banco, senza ricetta medica, dunque senza effettiva necessità. Ma quand’è che questi medicinali, detti ansiolitici, sono necessari? Ormai la definizione comune, usata per le indicazioni terapeutiche, è che servono contro ansia, depressione, insonnia, panico, tensione nervosa. Praticamente… a tutto e a niente! A ognuno di noi, in determinati periodi della nostra vita, capita di sentirci particolarmente insicuri, spaventati dagli eventi, o troppo soli: sarebbe più sano eliminare pazientemente le cause che producono questi stati d’animo, ma il tempo è tiranno, i problemi vanno risolti in fretta e senza fatica. Non importa se si diventa “scemi”: et voilà la pillola “magica” – proprio come cantava Mary Poppins: «Basta un poco di zucchero e la pillola va giù, tutto brillerà di più!» – è a disposizione di chiunque, anche se le porte dell’inferno si spalancano! Nella maggior parte dei casi, mancano una corretta informazione e la consapevolezza da parte dei pazienti degli effetti collaterali a cui stanno andando incontro; qualche volta persino il medico che prescrive le benzodiazepine non ne è a conoscenza fino in fondo, ma gli individui che stanno dietro le case farmaceutiche conoscono perfettamente il veleno che producono e commercializzano, e per loro non ci sono attenuanti. Un mercato pressoché illimitato – Le statistiche dicono che il vero problema non sono solo gli adulti “sull’orlo di una crisi di nervi” o insonni, ma tanti giovani, persino gli adolescenti (anche tra coloro che già fanno uso di droghe, il 90% circa, i quali aggravano così la loro situazione), che non avendo più grandi aspettative per il futuro Tratto dalla rassegna stampa di www.giulemanidaibambini.orgCampagna sociale nazionale  contro gli abusi nella prescrizione  di psicofarmaci a bambini ed adolescenti “vanno in depressione” e arrivano alle benzodiazepine col benestare del medico e dei genitori: molti di loro, purtroppo, sono destinati a diventarne abituali consumatori. La pressione esercitata dalle potenti case farmaceutiche sui politici, sulla stampa, sugli stessi medici di base, tramite gli informatori, è grande, perché grande è il guadagno: ne consegue che l’informazione sui rischi è quasi inesistente, ad eccezione di qualche testata… In quasi tutti gli stati europei il Servizio sanitario nazionale garantisce il consumo di farmaci benzodiazepinici, avvalorando così la tesi sostenuta dalle case produttrici che queste sostanze siano innocue. In alcuni paesi, come Grecia, India e vari stati dell’America centrale e meridionale, queste stesse sostanze sono liberamente vendute e consumate con disinvoltura, senza pensare che la prima conseguenza è la dipendenza associata a gravi sintomi d’astinenza, che rendono difficilissima la sospensione del farmaco, destinando il consumatore occasionale a diventare cronico.
Sostanze assai pericolose – Tra le numerose capacità che possiede il cervello umano, i meccanismi di sedazione sono quelli che permettono al nostro sistema nervoso di controllare la propria eccitabilità in risposta alle emozioni e alle sensazioni. La sostanza che interviene in questo meccanismo è il neurotrasmettitore Gaba che esercita un effetto tranquillizzante sul sistema nervoso; le benzodiazepine, una volta assimilate, ne prendono il posto, determinando un meccanismo di sedazione artificiale e riducendo la produzione del mediatore chimico naturale. Le benzodiazepine dopo poco diventano indispensabili, perché l’organismo si adatta alle sostanze, che dovranno presto essere assorbite in sempre maggiori quantità e sempre più a lungo. Le persone che le assumono in dosi elevate diventano presto dipendenti:
l’effetto dato è una quasi totale indolenza, per cui si riducono le capacità cognitive e sensoriali. Smettere di assumere le benzodiazepine diventa impossibile e i sintomi dovuti alla loro interruzione improvvisa sono gravi e incontrollabili. Le benzodiazepine vengono tuttora indicate come “farmaci” prescritti per migliorare la vita della gente… ma quanta gente in realtà finisce all’inferno!? Il manuale della speranza – La dottoressa Crystal Heather Ashton, laureata in Medicina all’Università di Oxford e professore emerito di Psicologia clinica presso l’Università di Newcastle, ha dedicato la vita alla ricerca sugli effetti nocivi che i farmaci psicotropi hanno sul cervello e sul comportamento dell’uomo. Per dodici anni ha diretto una clinica specializzata nella disintossicazione da benzodiazepine. Delle sue numerose pubblicazioni, oltre cinquanta sono dedicate a queste sostanze: nel manuale Benzodiazepines. How They Work and How to Withdraw (University of Newcastle), disponibile su internet anche nella versione italiana (cfr. Le benzodiazepine: come agiscono e come sospenderne l’assunzione), vengono indicate le linee guida per una conoscenza effettiva delle sostanze in questione e per una corretta disassuefazione. Leggendo questo manuale si riesce a percepire la spaventosa capacità che questi farmaci psicotropi hanno di trasformare la vita delle persone e causare in loro uno stato di apatia, senza mai lenirne realmente la sofferenza. La professoressa nella Premessa del primo capitolo spiega le ragioni che l’hanno spinta a dedicarsi alla disintossicazione dei pazienti dipendenti dalle benzodiazepine: «All’inizio del mio lavoro nella Clinica per la Sospensione delle Benzodiazepine, nel 1982, nessuno aveva molta pratica nella disassuefazione da queste sostanze. Però […] c’era una forte pressione da parte dei pazienti stessi che richiedevano aiuto e consigli su come fare per smettere di assumere i farmaci». Quando la lotta si fa più dura – La Ashton chiarisce che «la guida si basa […] sulle esperienze riuscite di tantissimi uomini e donne con età diverse (18-80), di diversa estrazione sociale, di diversa occupazione, di motivi diversi che hanno portato all’assunzione del farmaco», sottolineando che «l’uso prolungato di benzodiazepine può provocare molti effetti indesiderati compresi:  turbe della memoria e deterioramento delle funzioni cognitive, ottundimento emozionale, depressione, ansia crescente, sintomi fisici e dipendenza». Ella, inoltre, fa notare come «molti pazienti […] nel momento in cui hanno smesso di assumere le benzodiazepine, si sono accorti d’aver vissuto, durante tutti gli anni di abituale  consumo, ad un livello inferiore rispetto alle loro reali capacità», ricordando che  «molte persone hanno paura della sospensione, perché conoscono l’esperienza di alcuni pazienti che hanno definito “attraversare l’inferno” il percorso per risolvere  questo problema». Il suo consiglio, pertanto, è che «nessuno deve essere forzato o persuaso a sospendere il trattamento contro la sua volontà», perché, invece, «le probabilità di successo sono molto alte per coloro che hanno una grande motivazione». Quindi, chiude la Premessa sostenendo che «quasi tutti coloro che realmente desiderano smettere l’assunzione di benzodiazepine possono farlo. La scelta spetta a voi».  Cliniche specializzate nella disassuefazione – Il manuale è diviso in tre capitoli: il primo comprende una dettagliata spiegazione dell’azione delle benzodiazepine sull’organismo, una lista più che convincente dei motivi per cui si dovrebbe smettere d’assumere queste sostanze; il secondo riporta le tabelle che indicano come iniziare e proseguire la sospensione delle benzodiazepine; il terzo descrive tutti i sintomi che si presenteranno per l’astinenza, quindi come affrontarli senza temerli. Il manuale, pur essendo un lavoro scientificamente valido, non manca di accenti profondamente umani e d’infinita compassione. La dottoressa Ashton accompagna amorevolmente il lettore alla fine del “percorso”, terminando con l’augurio, da noi pienamente condiviso, che possano presto sorgere «cliniche che si specializzino nella sospensione delle benzodiazepine, dove i pazienti possano ricevere assistenza personalizzata e flessibile, sostegno adeguato e molta comprensione da parte del personale, durante tutto il trattamento».
Le ragioni di questa smisurata somministrazione di psicofarmaci sono ancora una volta da ricercare negli enormi interessi economici organizzati sapientemente e sottilmente intorno ad un fenomeno di portata mondiale dalle industrie farmaceutiche e dalle lobbies più rappresentative di psichiatri e ricercatori. Basti pensare che l’immensa varietà e disponibilità di prodotti farmacologici in commercio non è giustificata, in relazione alla differente e potenziale “efficacia terapeutica”, dalla gran parte degli studi commissionati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Negli Stati Uniti, in Inghilterra e nei paesi scandinavi esiste, inoltre, un controllo più attento sull’uso di tali psicofarmaci. Il farmacista, ad esempio, è tenuto a dare al “paziente” solo la quantità di farmaco prescritta dal medico. In Italia, al contrario la quantità non è indicata sulla ricetta, che, tra le altre cose, è molto spesso ripetibile. Tale modalità rende possibile e quasi naturale il fenomeno dell’autoprescrizione da parte degli stessi “pazienti”. Questo può essere uno dei motivi per cui in Italia si vendono più farmaci.
Di fatto, questa leggerezza nel controllare e limitare l’uso di tali farmaci significa per le case farmaceutiche moltiplicare mercati e profitti e per i cosiddetti pazienti fare incetta di benzodiazepine quando e ovunque lo vogliano.
Ma, come se non bastasse, rincarando volutamente “le dosi e le iniezioni di fiducia”, molti psichiatri vanno dicendo che grazie a questi prodotti è “risolto” o quasi il problema dell’ansia generalizzata, dell’insonnia, etc… Queste dichiarazioni, suffragate da nulla, si ripetono ciclicamente ogni quattro o cinque anni in concomitanza con il lancio di nuovi prodotti e sono operazioni di tipo commerciale che servono a tenere vivo il mercato per non far crollare le vendite. Questi farmaci, infatti, presentati come nuovi, non sono tali , ma sono in realtà vecchi farmaci le cui formule sono state solo parzialmente riviste.
Nel confronto tra popolazioni di consumatori, i tranquillanti minori sono utilizzati prevalentemente da donne (65%, con punte anche del 70%), forse perché a reali problemi, relativi a una condizione non sempre acquisita di parità ed autonomia, è più semplice rispondere con l’uso di psicofarmaci, piuttosto che con un profondo cambiamento delle condizioni di vita.
Un Medico scrive…
Un mattino, in Ospedale, avevo accompagnato, fino all’uscita del mio studio, un signore piuttosto anziano che mi aveva salutato sorridendo; con il borsello ed una coppola in testa un pò di sghimbescio, si stava allontanando con passo spedito nel corridoio ed io lo stavo seguendo con lo sguardo soddisfatto e divertito.
La scena era stata colta da un ” collaboratore scientifico ” che mi aspettava per la consueta intervista e che mi ha subito chiesto come mai fossi tanto allegro.
Gli ho allora spiegato che quel signore era entrato circa quattro mesi prima nel mio studio con lo sguardo fisso, trascinando i piedi incerto, alla ricerca di un equilibrio perduto, completamente distrutto nel fisico e nel morale e che era stato sufficiente togliergli gradatamente le benzodiazepine che stava assumendo come sonnifero per farlo tornare nel mondo dei vivi. Benchè il rappresentante in questione avesse dei preparati a base di benzodiazepine da presentarmi, si guardò bene dal parlarmene.
Tali preparati sono stati lanciati da adeguati carrozzoni circa trent’anni fa, ed ora proseguono a ruota libera senza bisogno di alcun supporto tanto è stata ampia la loro diffusione, anche senza il bisogno dell’intermediario sanitario; basti pensare che, pur essendo di costo contenuto, il lorazepam è il farmaco più venduto in Italia e stime recenti dimostrano come ben il 10% degli italiani , sopratutto persone anziane, ne facciano un uso pressochè continuativo.
Tali preparati in tanti reparti di Ospedali vengono elargiti a tutti i pazienti indistintamente durante il giro serale, allo stesso modo come se si distribuisse del thè caldo, e frequente è l’uso che se ne fa solo per sentito dire.
Le medicine in questione sono veramente molto efficaci: inducono il sonno entro pochi minuti e hanno un pressochè immediato effetto antiansia in quanto allentano l’angoscia e fanno vedere ” i problemi ” molto più lontani, quasi li si guardasse con il cannocchiale avvicinato agli occhi al contrario.
E fin qui tutto bene: il loro uso, se saltuario ed a piccole dosi, li renderebbe dei farmaci meravigliosi, mentre il loro abuso, ma anche il loro uso a piccole dosi purchè continuo ha sull’organismo, specie nelle persone anziane, effetti devastanti.
Se avete persone anziane vicine e sapete che usano queste medicine/droghe leggetegli le indicazioni poste sui foglietti all’interno dei farmaci. Fategli sapere i rischi documentatevi ed aiutateli)
I farmaci in questione sono gravemente nocivi per due ordini di fattori: innanzitutto un’ azione tossica diretta che induce una sintomatologia inconfondibile caratterizzata da sguardo fisso, imbambolato, amimia facciale, andatura strascicata, incerta, a piccoli passi, senso di contrattura alla mandibola ed alla mascella, bocca asciutta, lingua contratta con difficoltà dell’eloquio, intolleranza alle protesi dentarie, diminuzione del gusto e dell’olfatto, profonda debolezza muscolare con dolori dopo pochi passi, generalmente alla superficie anteriore delle cosce, aumento delle contratture muscolari con diminuita soglia ai dolori su base artrosica od artritica, difficoltà di respiro ed una diminuita soglia alle aritmie cardiache ed in particolare alla tachicardia parossistica ( probabilmente per l’azione negativa sui muscoli respiratori e cardiaco ), stitichezza con sensazione di borborigmi intestinali, disappetenza con dimagrimenti a volte rilevanti ( una paziente da noi osservata aveva perso addirittura 16 Kg. ), ipotensione arteriosa ortostatica con vertigini nella stazione eretta e lipotimie responsabili di molte fratture nelle persone anziane; i pazienti presentano inoltre dei gravi disturbi a livello psichico con diminuzione o perdita dell’affettività e con perdita di ogni interesse ricreativo o culturale e tipica è in loro l’ammissione di far finta di non vedere i conoscenti per evitare la fatica di parlare.
Mi sembra che il carico sintomatologico sia veramente notevole e stupisce il fatto che illustri neuropsichiatri non se ne siano ancora accorti; addirittura sui recenti testi di psichiatria, tutto questo carico sintomatologico viene descritto sotto l’etichetta della “depressione maggiore ” addebitando chiaramente alla malattia sintomi indotti dalle suddette terapie somministrate a piene mani!!
E dire che basterebbe un filo di memoria ” storica ” per ricordare che trenta-quarant’ anni fa, quando nelle corsie di Ospedale si riusciva a scovare un paziente affetto da morbo di Parkinson, il cui aspetto esteriore ricorda il ” benzodiazepinizzato “, l’evento era considerato tanto raro da sollecitarne la visione a tutti gli studenti dell’Ospedale.
Ora di ” zombi viventi ” se ne vedono a centinaia in una giornata, passeggiando per le vie del centro di ogni città ( anche se i più non si muovono da casa ) ed anche mia moglie, che non ha assolutamente cultura medica riesce a distinguerli a cento metri di distanza; è mai possibile che i neuropsichiatri non se ne siani accorti, avendoli tutti i giorni sotto gli occhi?
Purtroppo però i danni prodotti dalle benzodiazepine non si fermano qui perchè esiste tutta un’altra serie di disturbi correlati alla tossico-dipendenza dal farmaco che potremmo distinguere in transitoria, con cadenza giornaliera, quando il farmaco viene metabolizzato e il suo livello di presenza nell’organismo viene a diminuire oppure in persistente, quando il farmaco viene sospeso definitivamente.
Nel primo caso, tipico di chi lo assume a scopo sonnifero, i disturbi, che consistono in senso di irrequietudine, agitazione, tremolio interno con la tipica ” ansietas artiarum nocturna ” ed insonnia grave, compaiono verso sera più o meno precocemente in relazione all’età, alle condizioni degli organi escretori, ed alle caratteristiche metaboliche intrinseche del farmaco.
I disturbi, come per le vere e proprie droghe riconosciute, scompaiono, ripermettendo il sonno, solo con una nuova riassunzione del farmaco.
L’insonnia di cui tutti possiamo soffrire per qualsiasi tensione emotiva, e per qualche notte, diventa così paradossalmente una stabile conseguenza della terapia sonnifera.
A tali disturbi, magari in ore diverse della giornata, vanno soggetti tutti quei pazienti che usano tale tipo di psicofarmaci a scopo antiansia per cui anche l’ansia e l’agitazione diventano una conseguenza farmacologica; l’ansia indotta dai farmaci ha caratteristiche peculiari di ineluttabilità molto diverse dall’ansia comune.
Nella forma persistente di astinenza, quando si sospende la somministrazione delle benzodiazepine, i disturbi sono molto più gravi: l’agitazione sfocia in quadri anche di tipo psicotico con interpretazione deliranti, insonnia persistente, nausea, rifiuto per il cibo accompagnato da un senso di chiusura allo stomaco, cardiopalmo, insopprimibile sensazione di ansia con desiderio di suicidio, vertigini.
A questo punto per far ritornare ” gli zombi ” nel mondo dei vivi occorre, innanzitutto, da parte dei pazienti, la convinzione di un futuro migliore e poi la sopportazione di tante angosce.
Per aumentare la fiducia del paziente di solito, quando mi accorgo che sono benzodiazepinizzati, all’inizio della visita enumero loro tutti i possibili disturbi da cui sono affetti prima ancora che comincino a parlare e ciò rinforza in loro il convincimento sugli effetti nefasti della terapia.
Su oltre un migliaio di pazienti che abbiamo seguito da dodici anni con un programma di disassuefazione, che prevede la riduzione scalare delle dosi di psicofarmaco nell’arco di uno o due mesi, circa la metà hanno poi proseguito il programma stabilito e riacquistato, pur a prezzo di un peggioramento iniziale delle condizioni, l’onore ad una vita normale.
Sull’ effetto “droga” di questo tipo di farmaci sono già d’accordo, comunque, in tanti, ed i primi ad accorgersene sono stati i veri tossicodipendenti, che usano anche le compresse di benzodiazepine pestate, sciolte ed inoculate in vena, come succedanei della morfina.
Quello che stupisce è che l’uso di tali preparati non accenna a diminuire e quanto si dice di male sul loro uso viene soverchiato da quanto le Ditte farmaceutiche riescono a farne dire bene.
Ad effetti analoghi a quelli prodotti dalle benzodiazepine porta anche l’uso di numerosi altri farmaci come le cinnarizine, le flunarizine ed in genere tutti quelli ad azione antidopaminergica.
Ho poi l’impressione, peraltro non ancora documentata, che le benzodiazepine possano anche indurre un maggior sviluppo di tumori; sovente infatti ho riscontrato delle patologie tumorali in persone anziane che facevano da tempo uso di benzodiazepine senza che fossero esposte ad altri riconosciuti fattori di rischio ( uso di alcool, fumo,radiazioni,alta età dei genitori al momento della nascita, inquinanti ambientali, altri farmaci ecc.. ).
A credere in questa considerazione clinica, forse un pò azzardata, mi hanno condotto però altre due osservazioni: la prima si riferisce a pubblicazioni autorevoli che dimostrano una depressione immunitaria con l’uso di tali preparati; la seconda è frutto di esperienze personali del lontano ’65 quando avevo riscontrato alterazioni cromosomiche indotte nei linfociti umani coltivati in vitro con l’aggiunta di diazepam.

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